Ultima modifica il Maggio 2, 2024 da
Il Piano di transizione 5.0 rappresenta un passo avanti nell’evoluzione delle politiche economiche e industriali, portando con sé significativi cambiamenti rispetto alla precedente fase della Transizione 4.0. In questo articolo, esploreremo le principali differenze tra la Transizione 5.0 e la sua predecessora, analizzando le nuove aliquote, gli incentivi del piano di transizione, l’importanza della sostenibilità ambientale, il sistema di scaglioni per il raggiungimento degli obiettivi, l’impiego di software innovativi e l’importanza della formazione per il successo della transizione. Infine, esamineremo le risorse disponibili e identificheremo le lacune che devono ancora essere affrontate.
Il piano Transizione 5.0 è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 26 febbraio 2024 con il decreto legge PNRR, ed è entrato in vigore il 2 marzo 2024 con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Per comprendere appieno cosa comporta il piano della Transizione 5.0, è bene conoscere anche la situazione antecedente della 4.0. Anche perchè i due piani procederanno parallelamente nel caso in cui le aziende che vorrebbero aderire al piano Transizione 5.0 non fossero in grado di produrre un risparmio energetico almeno pari al 3% della struttura produttiva o al 5% dei processi interessati dal progetto.
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ToggleTransizione 5.0, le differenze con Transizione 4.0
La Transizione 5.0 si distingue dalla Transizione 4.0 per il suo maggiore orientamento verso la sostenibilità e l’innovazione tecnologica. Mentre la Transizione 4.0 era focalizzata sull’adozione di tecnologie digitali e connesse, la Transizione 5.0 mira a integrare queste innovazioni con un approccio più olistico che tiene conto degli impatti ambientali e sociali delle attività industriali.
Il piano transizione 4.0 prevedeva una dotazione di oltre 13 miliardi di euro a cui si aggiungono altri 5 miliardi del fondo complementare, con l’obiettivo di sostenere le aziende del processo di digitalizzazione. Il tutto riconoscendo un credito di imposta a fronte dell’acquisto di beni materiali; acquisto di beni immateriali 4.0 (es. software avanzati); acquisto di beni immateriali tradizionali (es. software di base); attività di R&D&I; attività di formazione 4.0.
Da Industria 4.0 a Transizione 5.0
La Transizione 5.0 rappresenta una naturale evoluzione dell’Industria 4.0, che ha introdotto l’automazione e l’integrazione dei sistemi digitali nell’ambiente industriale. Tuttavia, la Transizione 5.0 va oltre la semplice digitalizzazione, incoraggiando le imprese a adottare pratiche più sostenibili e a integrare l’innovazione tecnologica con l’attenzione all’ambiente e al benessere sociale.
Transizione 4.0 aliquote
Le aliquote fiscali previste nella Transizione 4.0 erano incentrate principalmente sull’agevolazione fiscale per gli investimenti in tecnologie digitali e connesse. Tuttavia, con l’avvento della Transizione 5.0, le aliquote sono state riorientate per promuovere anche gli investimenti in sostenibilità ambientale e sociale.
Infatti dal primo gennaio 2023 è scaduta la possibilità di ricevere tale credito di imposta a fronte dell’acquisto di beni materiali ed immateriali pro digitalizzazione. E sono stati effettuati dei tagli netti per l’acquisto di beni strumentali 4.0 (sia materiali che immateriali) così come per le attività di ricerca, sviluppo e innovazione. Per i beni materiali 4.0, si è stabilito un dimezzamento per tutte le classi di investimento: dal 40% al 20% fino a 2,5 milioni di euro; dal 20% al 10% da 2,5 a 10 milioni di euro e dal 10% al 5% da 10 a 20 milioni di euro (che è il tetto massimo ammissibile). Il taglio è stato ancora maggiore per i beni immateriali 4.0, dal 50 al 20% (fino a un tetto di 1 milione di euro). Mentre è intervenuta ancora la regola del dimezzamento (dal 20 al 10%) per le attività di ricerca di base, industriale e sperimentale. La scure è stata più lieve (ma su aliquote di partenza più ridotte) solo per le attività di innovazione tecnologica “green”, alle quali si applica un credito d’imposta sceso “solo” dal 15% al 10%.
Piano Transizione 5.0 incentivi
Il piano di incentivi della Transizione 5.0 mira a supportare le imprese che adottano pratiche sostenibili e innovative. Ciò include agevolazioni fiscali, finanziamenti agevolati e sostegno alla ricerca e allo sviluppo di tecnologie verdi. Le novità rispetto alla versione precedente sono sostanzialmente quattro:
1. Transizione 5.0 green
La sostenibilità ambientale è un pilastro fondamentale della Transizione 5.0. Le imprese sono incoraggiate a ridurre le proprie emissioni di carbonio, adottare pratiche di produzione eco-compatibili e investire in energie rinnovabili.
In questo caso l’incentivo economico previsto dal piano è differenziato in base al risparmio energetico previsto. L’aliquota sarà compresa fra:
- tra il 35% e il 45% fino a 2,5 milioni di euro,
- dal 15% al 25% da 2,5 a 10 milioni di euro,
- dal 5% al 15% da 10 a 50 milioni di euro.
Questo significa che rispetto al piano precedente, per risparmi energetici di almeno il 10% per l’unità produttiva e di almeno il 15% per il processo, l’aliquota risulta maggiorata del 5%.
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2. Transizione 5.0 tetto scaglioni
Il sistema di scaglioni della Transizione 5.0 stabilisce obiettivi progressivi per le imprese, premiando coloro che raggiungono livelli più elevati di sostenibilità e innovazione con incentivi fiscali e finanziari più vantaggiosi.
Il tetto scaglioni rappresenta infatti la seconda importante novità del piano transizione 5.0 perchè arriva fino a 50 milioni di euro contro i 20 della versione precedente.
3. Piano di Transizione 5.0 software
L’adozione di software innovativi è essenziale per il successo della Transizione 5.0. Questi strumenti consentono alle imprese di ottimizzare i propri processi, monitorare le proprie prestazioni e adottare soluzioni digitali avanzate. I software presi in considerazione sono quelli che monitorano i consumi energetici, l’energia autoprodotta o l’efficienza energetica, nonché se acquistati congiuntamente a questi ultimi quelli per la gestione d’impresa (in pratica, i software di tipo ERP, che sta per Enterprise Resource Planning, usati dalle organizzazioni per gestire le diverse attività di business). Infine, le imprese dovranno presentare una doppia certificazione, una ex ante sulla riduzione dei consumi conseguibili e una ex post sull’effettiva realizzazione degli investimenti.
4. Piano di Transizione 5.0 formazione
La formazione è un elemento cruciale della Transizione 5.0, poiché le nuove tecnologie e pratiche richiedono competenze specializzate. È fondamentale investire nella formazione dei dipendenti per garantire una transizione senza intoppi e massimizzare i benefici delle innovazioni introdotte. Per quanto riguarda questo aspetto della formazione il piano Transizione 5.0 prevede spese agevolabili purché non superiori al 10% degli investimenti totali ed entro un tetto massimo di 300.000 euro. La formazione dovrà essere assicurata da soggetti esterni dotati di determinati requisiti (specificati da un decreto attuativo).
L’analisi
L’analisi della Transizione 5.0 evidenzia l’importanza di un approccio integrato che bilanci l’innovazione tecnologica con la sostenibilità ambientale e sociale. La combinazione di incentivi fiscali, investimenti in ricerca e sviluppo e formazione specializzata è essenziale per guidare le imprese verso una nuova era di crescita sostenibile e responsabile. Perciò , sperando che le aliquote fissate non creino troppi problemi per la riscossione e la dimostrazione dei risparmi energetici ex ante ed ex post, il piano sembra avere assolutamente senso.
Le lacune di Transizione 5.0: digitale e formazione
Nonostante i suoi obiettivi ambiziosi, la Transizione 5.0 presenta alcune lacune, in particolare nel campo della digitalizzazione e della formazione. È necessario un maggiore impegno per garantire che tutte le imprese siano in grado di adottare le nuove tecnologie e che i lavoratori acquisiscano le competenze necessarie per operare in un ambiente sempre più digitale.
Transizione 5.0, le risorse
Per supportare le imprese durante la Transizione 5.0, sono disponibili una serie di risorse, pari a 6,3 miliardi di euro, di cui però solo 3,78 miliardi di euro per i beni strumenti e 630 milioni per la formazione. Il resto (1,89 miliardi di euro) va ad autoconsumo e autoproduzione. Ovvero dovrebbero andare ai beni necessari per l’autoproduzione e l’autoconsumo di energia prodotta da fonti rinnovabili. È importante che le imprese sfruttino appieno queste risorse per massimizzare i benefici della transizione e affrontare le sfide emergenti con successo.
La transizione ecologica e digitale sono spesso considerate come gemelle, caratterizzate da una complementarietà evidente. Se il digitale porta a una maggiore efficienza dei processi produttivi, è naturale e vantaggioso, anche economicamente per le imprese, che tra gli indicatori di valutazione degli obiettivi raggiunti vi siano quelli legati alla performance energetica.
Tuttavia, non è garantito che ciò accada, soprattutto in relazione all’innovazione radicale (come l’intelligenza artificiale), che potrebbe richiedere notevoli risorse energetiche. Inoltre, riguardo alla formazione, elemento essenziale della rivoluzione basata sull’IA, è evidente che le due transizioni richiedano competenze solo parzialmente sovrapponibili.
Ignorare questa realtà o peggio, non prevedere strumenti consapevoli per il reskilling e l’upskilling dei lavoratori nel campo delle tecnologie dell’informazione sarebbe un grave errore, considerando il basso posizionamento dell’Italia a livello europeo sia nelle competenze digitali di base che in quelle avanzate.
Perciò, abbracciare il paradigma di Industria 5.0 senza considerare la necessità di investire nelle competenze digitali potrebbe cristallizzare i punti deboli del sistema produttivo nazionale rispetto ai nostri concorrenti. Soprattutto nel contesto digitale, che è fondamentale per l’innovazione e la competitività di un Paese moderno.
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